La Pizzeria da Michele a Forcella, nel centro storico di Napoli, è forse la più famosa al mondo, e una delle più rispettate. Famoso è il suo menù, con solo margherita, marinara, cosacca e marita (metà margherita e metà marinara) e famose sono anche le lunghe attese che precedono l’entrata, con un numerino da prendere all’ingresso. Nel nostro caso solo 17 numeri prima di noi, che si sono tradotti in 20-30 minuti di attesa, trascorsi girando per il quartiere – tra i più autentici in città. Famose, infine, le persone che qui hanno mangiato la pizza tradizionale napoletana, tanto che ogni tavolo è dedicato a una celebrità che lì si era seduta prima di noi – il calciatore Dries “Ciro” Mertens nel nostro caso. All’interno la pizzeria è molto calda, e i tempi di attesa non sono brevi come immaginavo, ma tutto sommato il servizio è stato soddisfacente.
First reaction: shock. La marinara da Michele è enorme. Il cornicione esce dal piatto ma non in modo innocente ed elegante come in altre ruote di carro, bensì come uno tsunami scatenato da un vulcano sottomarino. Una pizza che fa presagire distruzione, clamore e autenticità allo stesso tempo. E proprio l’impasto è il suo punto forte: morbidissima e anche piuttosto spessa in alcuni punti la base, così come il cornicione, che sembra quasi un dessert nel suo sciogliersi in bocca ma che sa essere anche leggermente fragrante, unicamente squamoso. Un’esperienza unica rovinata ogni tanto da bruciature troppo amare e croccanti. Una cornice quasi perfetta per un quadro che però non ne è all’altezza. Il pomodoro annega sotto una pioggia scura, sabbiosa e amara di origano, che ne copre interamente il sapore rovinando anche una texture altrimenti aggraziata. Ma non è l’unico fattore: è una pizza che fatica a respirare anche perché sotto un mare di olio di semi (di soia? di girasole?), chiaro e acquoso, che certo non appesantisce la pizza – che già raggiunge la tonnellata – come avrebbe fatto un olio extra vergine d’oliva, ma che non fa emergere nessun sapore e non fa scoccare nessuna scintilla. La magia che di solito esplode dal connubio tra gli ingredienti qui è completamente assente ed è affidata solo alla cornice. Ma anche questa alla lunga stanca perché l’olio, di nuovo lui, non permette al cornicione di accedere a un livello superiore di golosità come accade altrove. Considerando le aspettative e l’impasto, una triste delusione.