Sorbillo

La marinara è grande, e non è una cosa così comune in questa città. Anzi, in un attimo di confusione, il cornicione che esce dal piatto può farci pensare di essere scesi a Napoli Piazza Garibaldi invece che a Milano Porta Garibaldi. La cosa che più salta all’occhio, però, è il pomodoro. Parliamo di pomodoro di agricoltura biologica, caldo e dal gusto avvolgente, rovesciato sull’impasto in quantità tale da sembrare un maremoto, un’inondazione. Aglio, origano e basilico si lasciano affondare in questo mare turbolento di piacere rosso, dal sapore rustico e genuino che ci parla della storia di Napoli senza giravolte ed esperimenti gourmet. Insomma, una pizza schietta e sincera, resa ancora migliore dalla base sottile e morbida, piacevolissima durante la masticazione. Questa schiettezza, però, porta con sé anche dei piccoli problemi. L’aglio, ad esempio, ha un sapore talvolta troppo forte e una consistenza leggermente fastidiosa, e lo stesso si può dire del basilico. Il cornicione, poi, in alcuni punti si presenta un po’ bruciato. Se questo è un problema grave nelle pizze contemporanee, in cui il cornicione rappresenta anche più del 50% della pizza, sulla pizza di Sorbillo il tanto pomodoro aiuta a compensare i piccoli momenti di amarezza. L’alleanza profana tra questi punti bruciati, l’aglio e il basilico va però a creare una situazione piuttosto selvaggia in cui troppi sapori contrastanti si uniscono tra di loro. E forse è proprio questa natura selvaggia e ribelle a creare l’identità della marinara di Sorbillo. È una pizza hardcore, ricca di tradizione, amore e passione, che non cerca compromessi e che non guarda in faccia a nessuno. Non è perfetta, questo è certo, ma forse semplicemente non vuole esserlo.