Napoli 182O

MILANO

Sarebbe più buona una pizzeria che si chiama “Milano 1820” a Napoli o una che si chiama “Napoli 1820” a Milano? In assenza della prima, siamo andati alla seconda, che si trova sui Navigli più innocui, a pochi passi da Porta Genova, e che ha anche un passato televisivo: era tra i concorrenti di una puntata di 4 Ristoranti con Alessandro Borghese, anche se non per la pizza. Locale abbastanza tradizionale e piacevole, ma lo spazio è poco, le sedie si scontrano e la tensione sale. Sui muri, le solite gigantografie di Napoli e Capri, ma in modo più elegante e genuino del solito. Ottimo il personale di sala.

Se pensavate che quella su Milano/Napoli fosse l’unica domanda del giorno, vi sbagliavate. La marinara di Napoli 1820 – tonda, dal cornicione abbastanza alto e dalle dimensioni normali – porta con sé una domanda ben più impegnativa, quasi esistenziale: bisogna mangiare tutto quello che troviamo sulla pizza? Ci torniamo tra poco. Il cornicione, si diceva: non solo alto, ma anche morbidissimo e dal gusto favoloso, salato, che racconta un incontro sacro tra il pane e l’olio, tra il mare del Golfo di Napoli e il Naviglio Grande, entrambi illuminati da un sole impietoso. Solo ogni tanto qualche bruciatura di troppo rovina il gusto complessivo, ma la base spessa ed elastica, per nulla gommosa, ce lo fa subito dimenticare. Il pomodoro è molto pungente, troppo a volte, ma nonostante ciò viene spesso oscurato dal grande protagonista di questa pizza: l’aglio. Aglio come fossero confetti nel giorno del matrimonio, come fossero bombe sganciate sul centro di una città X non sottomessa al neoliberismo imperante. E il problema, come cantava De Gregori, è che “la guerra è bella anche se fa male”: l’aglio è infatti ottimo a livello di consistenza e di sapore, ma è troppo e finisce per lasciare un’impronta troppo forte sulla pizza. Un’impronta che è un urlo stridulo che si insinua nelle viscere di chi la mangia, con lo stesso sapore di una foresta disboscata dall’Agent Orange in Vietnam. Ecco quindi il dubbio: avremmo dovuto metterli a lato, questi pezzi d’aglio? Non avremmo dovuto mangiarli? Forse l’esperienza sarebbe stata di gran lunga migliore… ma forse non sarebbe stata vera. Forse il voto sarebbe stato altissimo… ma non meritato. E d’altronde, se davvero avremmo dovuto metterli da parte, perché erano lì? Difficile trovare una risposta. Quello che è certo che questa è una pizza dal gusto potenzialmente ottimo, in stile Sorbillo, ma con questo difetto centrale che l’ha anche resa piuttosto pesante (e dire che l’impasto era leggerissimo!). Il prezzo di 7,50€, poi, va bene la zona turistica, ma è un po’ troppo alto.